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tondeggiante alle ultime propagini dei monti Carniculani,
conserva le strutture medioevali risalenti all'XI secolo, periodo nel quale
ebbe il primo sviluppo con relativa fortificazione. Del primitivo castello,
tratti di mura sono stati utilizzati come appoggio delle case successivamente
edificate.Resta traccia della porta d'accesso secondaria, denominata Porta
Pica, inglobata nel palazzo Lancelotti (Gamberi), costruito nel 1486. Nella
parte più alta del castello è ancora ben visibile la torre principale in
poderose pietre quadrate. Nel secolo XIV Monteleone fece parte del dominio
feudale dei Brancaleoni di Romània, nel 1400 passò agli Orsini e all'inizio
1600 tornò sotto la giurisdizione della Camera Apostolica. |
Nel territorio tutt'intorno si evidenziano i resti archeologici della città sabino-romana di Trebula Mutuesca. Questa località, fin da quando era un vicus, doveva godere una posizione straordinaria a bivio tra la Salaria e la Cecilia. Come è possibile appurare dalle testimonianze epigrafiche, in Trebula, si doveva esercitare una intensa attività culturale in direzione taumaturgica, che poi, attraverso il tempo, si trasferì e perpetuò in epoca protocristiana con il culto di S. Vittoria, |
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martirizzata in quei
luoghi, e di S.Anatolia, vittima anchelei della persecuzione contro i cristiani, caduta nella vicina Tora.
Durante l'invasione Saracena l'Abbate Pietro di Farfa si rifugiò a Trebula. E fu proprio lui a farla fortificare, elevando la torre principale
del castello. La denominazione moderna pare derivare dai numerosi leoni litici che non è difficile rinvenire nel territorio circostante. Due di questi si trovano nella piazza XXIV Aprile su colonne, e altri due dinanzi all'ingresso dell'Ospizio che era dipendente dell'Ospedale Romano di Santo Spirito, interessante il portale in pietra del secolo XV. |
Trebula fu patria del Console Lucio Mummio, vincitore della Lega Achea e distruttore di Corinto, ebbe il rango di Municipium al pari della vicina Cures. Prima di entrare nella piazza XXIV Aprile, in |
un grazioso belvedere si può godere un ottimo panorama sulla
sottostante vallata. Tra le panchine del giardino c'è un interessante reperto
di epoca romana: un lungo cilindro embricato (pulvino di un sarcofago romano)
che nella parte terminale presenta un enigmatico
volto, forse di Gorgone. La struttura urbanistica dell'abitato è a spina di pesce con la strada principale rettilinea e le vie laterali in perpendicolo. La chiesa parrocchiale |
è dedicata a San Giovanni Evangelista, ha un portale quattrocentesco
con fregi, tirsi e girali romani, unica testimonianza dell'originale edificio,
che, |
distrutto, fu ricostruito nel 1770 da Giuseppe
Petero di Lugano. L'interno della chiesa presenta un'unica navata a botte
e quattro cappelle laterali, sopra l'altare maggiore si trova una tela di
Vincenzo Manenti che raffigura la Madonna che appare ai SS. Giovanni Evangelista
e Vittoria. Ritornando dalla piazza al belvedere si può percorrere l'intero
abitato lungo la via principale che attraversa il borgo scendendo fino al
termine del paese. Capitelli, frammenti di fregi, pezzi di epigrafi nobilitano
le facciate delle case. Risalendo, poi, si giunge presso la nuova sede del
Comune, dove si può visitare il Museo Civico Archeologico. Di qui si può raggiungere la contrada S. Nicola con la chiesetta della Madonna
del Rosario, che, già presente nel 1474, domina su un piccolo prato
rialzato. |
Oltrepassato
l'abitato, a poca distanza, su un piccolo colle sorge un ex convento francescano
con chiesa, chiostro e pozzo; il tutto in non buone condizioni ma pur sempre
suggestivo. A fianco della chiesa si può notare l'ormai consueto leone in
pietra. Ripresa la via principale, superato il cimitero, l'ambiente diviene
estremamente suggestivo, un naturale parco archeologico si sviluppa tutt'intorno
in un affascinante gioco
di prati e di collinette |
che lasciano vedere resti di mura, blocchi squadrati di pietra, rocchi
di colonne. Nella parte piana dell'avvallamento (il luogo viene chiamato
Pantano e qui si trova uno dei casali dell' agriturismo De Luca Felli) stanno
emergendo le strutture dell'antico
anfiteatro di Trebula Mutuesca.Ad aumentare il |
rozzamente sagomati su alcune alture site nei pressi dell’insediamento romano. La divinità maggiormente venerata a Trebula era la dea Feronia. E’ probabile che il tempio dedicato alla dea Feronia sorgesse nei pressi della chiesa romanica di Santa Vittoria, dove fu individuato e scavato a due riprese negli ultimi decenni un deposito votivo. Le citazioni di Trebula Mutuesca nelle fonti classiche ci consentono di delineare un quadro abbastanza esauriente sulla vita e sulla società dell’antico centro sabino, ormai romanizzato. Sia Strabone, sia Dionigi D’Alicarnasso, sia Plinio il Vecchio menzionano l’abitato. Secondo una citazione del Liber coloniarum il territorio di Trebula Mutuesca sarebbe stato assegnato in età augustea con l'ager di Cures Sabini. |
Alla
fine della zona pianeggiante, nei pressi di uno dei casali dell'agriturismo
De Luca Felli, appare improvvisa una delle più interessanti testimonianze
di arte romanica del Centro Italia: la Chiesa
di Santa Vittoria, nobile romana martirizzata nel 253 sotto |
l'impertatore Decio. Notizie di un edificio
sacro sito presso la tomba della Santa rimandano all'VIII secolo, ma la
chiesa che vediamo oggi si edificò nell'XI e fu dedicata nel 1171
dal Vescovo Dodone. Sul finire del XII secolo la chiesa doveva far parte
di un complesso conventuale, le dimensioni del quale, purtroppo, ci sono
ignote. Nella torre campanaria del X secolo, si conserva una
delle più antiche campane d'Italia datata 1223. proprio a questi
anni dovrebbe riferirsi la soprelevazione del campanile, uniforme fino al
primo ordine di bifore. In questa parte |
più alta si trova una colonnina sulla quale poggia un capitello
a stampella. La facciata in marmo bianco ha un bel portale con architrave
e pilastri con motivi zoomorfi sormontato da un rosone con ai lati edicole.
L'equilibrio armonico delle parti è vivacizzato dagli elementi
architettonici provenienti da monumenti romani incastonati ovunque. |
il quale un'iscrizione del 1480 ricorda che quello fu il sarcofago di
Santa Vittoria: "Hic olim jacuerunt ossa S. Victoriae V. et M.
Adorabimus in loco ubi sterunt". Si può supporre che da
questo sacello attraverso una serie di gradini - uno di questi potrebbe
essere l'attuale piano di posa del sarcofago - si accedesse agli ambienti
catacombali paleocristiani di recente restaurati. |
lignea dipinta rappresentante San Michele Arcangelo, attribuita
ad uno sculture tedesco di fine quattrocento. Al centro della chiesetta
una cisterna raccoglie le acquee che - secondo la tradizione - sgorgarono
al momento del martirio della Santa, motivo questo per il quale ancora oggi
i fedeli per devozione bevono l'acqua che vi si raccoglie. |
(Testi tratti da depliants A.P.T. di Rieti - Prof. Gianfranco Formichetti)